Informazioni generali
Gardini /Fagiuoli
L'epatite C interessa nel mondo circa
200 milioni di persone, mentre in Italia gli anticorpi anti-HCV sono presenti
nel 3,2% della popolazione generale, corrispondente a circa 1.800.000 persone
infette. Poiché la patologia da HCV cronicizza in oltre il 70% dei casi e dal
20 al 40% dei pazienti vanno incontro nel tempo a cirrosi epatica, si
comprende l'entità del problema. Questo è ulteriormente aggravato dalla
considerazione della possibile evoluzione della cirrosi in epatocarcinoma, che
è stato recentemente stimato nella misura di circa il 3-4% all'anno.
La
diffusione dei virus epatitici a trasmissione parenterale ha toccato in Italia
la massima intensità tra gli anni 60 e la metà degli anni 80. Da tale periodo
è iniziato un declino della incidenza di infezioni legato principalmente alle
migliori conoscenze delle vie di trasmissione, alla diffusa adozione di
materiali medici disposable e, più in generale all'elevarsi del livello
igienico sanitario.
L'infezione da HCV ha generato un numero elevato di
portatori cronici del virus a causa dell'elevato tasso di cronicizzazione.
Diversi studi hanno sottolineato l'importanza del contagio per via iatrogena
nella diffusione del virus in Italia. Gli studi su popolazione svolti in
differenti località italiane mostrano una prevalenza di anti-HCV di circa il
3% in età giovanile-adulta, che si eleva a 12-40% nei soggetti al di sopra di
50 anni. La maggioranza dei soggetti con anti-HCV è viremica, circa la metà
presenta segni di malattia (ALT elevate e/o segni ecografici)
(1-2).
Uno studio caso controllo effettuato nel Nord Est d'Italia (3)
in cui sono stati confrontati 500 soggetti HCV positivi con 500 controlli HCV
negativi appaiati per età e sesso, ha evidenziato quali fattori
indipendentemente associati al rischio di essere antiHCV positivo: la
tossicodipendenza, la trasfusione di sangue, l'uso di siringhe di vetro, la
pregressa tubercolosi e l'ospedalizzazione prima del 1970.
Anche questi
dati indicano che la diffusione dell'HCV si è realizzata nel passato
attraverso modalità di trasmissione prevalentemente iatrogeniche.
(4).
l'HCV è risultato l'agente eziologico più frequentemente associato
alla cirrosi, essendo presente da solo nel 47.7% dei casi ed insieme ad altri
fattori (HBV, alcol ecc.) nel 72.7% dei casi (5); inoltre è presente nel 76%
degli epatocarcinomi (6).
Tracce anticorporali sono state trovate in
circa il 70% degli emofilici a pari merito con i tossicodipendenti in vena,
76% ; nei dializzati la positività si attesta intorno al 10-30%, nel personale
sanitario, (per esempio i chirurghi) è stata riscontrata una prevalenza di HCV
del 6,3%, negli omosessuali il 4%; nei coniugi di soggetti HCV+, gli studi
sinora effettuati dimostrano una incidenza che varia dal 5 - 15% circa ma non
è ancora stato stabilito se ciò sia dovuto a contagio di tipo inapparente (uso
promiscuo di lamette, rasoi, oggetti appuntiti, l'utilizzo in passato di
siringhe di vetro multiuso) o piuttosto da rapporti sessuali.
Infine, è
stato segnalato che lo 0,5-1,5% dei donatori di sangue è portatore del virus
HCV.
Attualmente le principali modalità di trasmissione sono quelle
nosocomiale, la tossicodipendenza, trattamenti estetici (pearcing incluso) e
quella sessuale.
Si può affermare che sebbene una stima precisa della
prevalenza di anti-HCV non esiste, è verosimile che circa il 3% della
popolazione italiana è portatrice del virus. Le nuove infezioni sono
attualmente diminuite ma nell'ipotesi più ottimistica ogni anno si verificano
circa 1000 nuovi casi di epatite da virus C (7).
Non esiste attualmente
nessun sistema informativo sanitario che permetta di stimare quanti cittadini
hanno già scoperto la presenza degli anticorpi al virus HCV, quanti sono i
malati e quanti in terapia.
E' molto difficile ottenere delle stime reali
dell'incidenza delle nuove infezioni da HCV. Il tasso di incidenza stimato dal
SEIEVA, sulla base dei casi notificati è attualmente di circa 1 per 100.000.
I limiti di questi dati risiedono nel fatto che i casi notificati sono
nella maggior parte soggetti con epatite clinicamente evidente, mentre i casi
asintomatici costituiscono la maggior parte delle infezioni acute da virus C.
Inoltre, non disponendo di un marcatore di infezione acuta è possibile
misclassificare riacutizzazioni di forme croniche come epatite acuta da HCV
(8).
In realtà nessun paese al mondo ha mai allestito un sistema di
sorveglianza tale da permettere avere informazioni precise; il governo
sanitario francese ha stimato, in base alle informazioni epidemiologiche
ricavate internamente, che solo il 50% delle persone colpite fosse consapevole
di essere infetta dal virus HCV.
Recentemente sono stati introdotti sul
mercati nuovi farmaci e combinazioni antivirali più efficaci rispetto al
passato in grado di bloccare l'infezione e sempre più spesso di guarire in
maniera definitiva la persona infetta.
Alla luce di quanto sopra
descritto, Per far fronte a questo importante problema sanitario e per
integrare queste nuove prospettive terapeutiche, è stato elaborato un piano
nazionale di lotta contro l'epatite C.
Piani di prevenzione ed
informazione sono largamente auspicati e raccomandati nel "Global surveillance
and control of Hepatitis C", una relazione accettata e pubblicata
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità che recita, tra
l'altro:
"…Ogni nazione, in relazione al proprio status economico,
dovrebbe sviluppare un piano di intervento al fine di prevenire nuovi casi di
infezione. Inoltre, per quei paesi maggiormente sviluppati sotto il profilo
economico, medico e di pubbliche strutture sanitarie, il piano di prevenzione
contro l'HCV dovrebbe includere la prevenzione delle epatiti croniche da HCV
attraverso l'identificazione, il testing, counselling nonchè il trattamento di
persone già infette (10).