REGIONE PUGLIA

MASSAFRA 18 MARZO 2000

 

 

LE ASSOCIAZIONI

AIDO onlus

( Ass. italiana Donatori organi)

C/o Ospedale civile M. Pagliari Massafra/Ta

Tel. 099/8850610

 

 

ATO onlus

( Ass. Regionale Trapiantati Organi)

Sede Reg. Via Del Santuario n. 29 Massafra

Tel./Fax 099/8800184

E mail segreteria:

ass.trapiantati.organi.puglia @virgilio.it

 

 

 

FRATRES

(Ass. Donatori di sangue di Terra Jonica)

C/o Parr. San Francesco Da Paola Massafra/Ta

Tel. 099/8851226

 

  

ANED ONLUS

( Ass. Nazionale Emodializzati)

Via Lago San Giuliano 9 Taranto

Tel. 099/372335

 

 

 

HANNO ORGANIZZANO

 

CON LA COLLABORAZIONE DELLA

DOTT.SSA MARIA ANTONIETTA PERNIOLA

( CENTRO DI DIALISI SS. MEDICI DI TARANTO)

 

 

IL

 

 

 

 

gli oratori del convegno

PROGRAMMA SVOLTO

 

Saluto del

Dott. Giuseppe Cofano

Sindaco del Comune di Massafra,

 

HA COORDINATO

 

Il Dr. Carlo Basile

Primario Divisione di Nefrologia e Dialisi

O.C. Martina Franca - Ta

 

 

 

SONO INTERVENUTI

 

Prof. Vincenzo Memeo

Responsabile Clinica chirurgica Centro Trapianti di Fegato Policlinico di Bari.

 

Dr. Luigi Lupo

Ricercatore della Clinica Chirurgica

Università di Bari.

 

Dr. Francesco Mastrangelo

Primario Divisione Nefrologia E Dialisi

O.C. "Vito Fazzi" di Lecce.

 

Dr. Gianfranco Miloro

Responsabile del Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale Az. Ospedaliera "SS. Annunziata" – Ta

 

Dr. Raffaele Tucci

Medico legale e Coordinatore Locale AUSL/TA 1

 

Dr. Michele Lonoce

Coordinatore Locale

Az. Ospedaliera "SS. Annunziata"- Ta

 

Donare

i propri organi, il proprio sangue è la massima espressione della solidarietà umana.

Consapevoli

dell’alto significato sociale

di un tale gesto

le associazioni di volontariato con questo convegno sperano di entrare nelle coscienze di ciascuno di noi per chiamarci alla responsabilità e alla gioia

 del DONO! 

 

vengono riportate alcune relazioni dei relatori intervenuti al convegno.

 

Dr. Francesco Mastrangelo

Primario Divisione Nefrologia e Dialisi O.C. " Vito Fazzi" di Lecce

Il Dr. Francesco Mastrangelo

ha ricordato come la costituzione del Centro Trapianti di Lecce primo in Puglia ad effettuare i trapianti di rene da cadavere, ha coronato una lunga fase di preparazione.

L’attività di trapianto, iniziata nel 1991, è andata avanti utilizzando inizialmente gli organi prelevati dallo stesso Centro di Lecce arrivando successivamente ad effettuare in media circa 10 trapianti di reni per anno.

Si tratta comunque di un numero molto inferiore rispetto a quelli che sono gli standard Europei e anche dell’Italia del Nord. Tale differenza è sicuramente multifattoriale in parte legata alla carenza di donazioni in senso stretto e per altri versi condizionata da carenze strutturali ed organizzative, anche se l’attuale situazione ci permette di poter guardare con un certo ottimismo al futuro dei trapianti anche per la Puglia, nonostante ci sia ancora tanta strada da fare.

A Lecce attualmente si registra un buon 50% di rifiuto alla donazione di organi. Se consideriamo che da un donatore si possono prelevare i due reni, il fegato, il pancreas, i due polmoni, il cuore e le due cornee dei quali possono beneficiare ben otto persone, si possono facilmente intuire le conseguenze di un rifiuto in termini di perdite di vite e di qualità della vita di quei pazienti che rimangono in lista di attesa di un trapianto

In vista dell’applicazione della nuova legge sui trapianti del 16/04/99, due aspetti vanno considerati.

Il primo è quello dell’educazione alla donazione perché alla base della legge c’è il concetto dell’informazione del cittadino e, solo successivamente, della disponibilità dello stesso a donare i propri organi, nell’eventuale ipotesi fosse cadavere in un centro di rianimazione.

Il secondo aspetto chiama in causa le autorità politiche che gestiscono la Sanità Pubblica Regionale. La Puglia, infatti, è l’unica Regione che ancora non ha realizzato il Servizio di Emergenza Medica, ai più noto come 118. Se operativo, suddetto servizio potrebbe fungere da vero tramite tra le emergenze e le rianimazioni; non dobbiamo dimenticare che molte donazioni non vengono effettuate, perché non si riesce ad individuare tempestivamente e ad assistere in modo adeguato i potenziali donatori.

Ma la mancanza di tale Servizio non si traduce soltanto nella perdita dei potenziali donatori; infatti, senza una razionale organizzazione dell’assistenza per l’emergenza si rischia anche di perdere un buon 40% di persone che potrebbero essere salvate.

La creazione di un’organizzazione di questo tipo permetterebbe: 1) di salvare moltissime persone vittime di incidenti stradali; 2) di avere più possibilità di prelevamento e utilizzazione d’organi a scopo di trapianto.

Per effettuare un trapianto di un qualsiasi organo è importante che il cadavere possa essere assistito in maniera adeguata, per conservare nel miglior modo possibile gli organi eventualmente destinati al prelievo; perché questo possa succedere è estremamente importante garantire nel più breve tempo possibile l’assistenza dei rianimatori soprattutto ai traumatizzati. Ci sono, infatti, al di là degli organi non utilizzati per il rifiuto alla donazione, tanti organi che non possono essere utilizzati perché sono stati danneggiati per il ritardo con cui è stata prestata l’assistenza.

 A questi due aspetti certamente se ne affianca un altro altrettanto importante che è quello della necessità di creare strutture efficienti che garantiscano la possibilità di attuare nuove tecnologie.

Se è vero, come si legge nella Costituzione, che lo Stato garantisce a tutti i cittadini il diritto alla tutela della salute e quindi il diritto alle cure, essendo il trapianto una terapia esso deve essere garantito a tutti i cittadini per i quali se ne ravvisi la necessità.

Oggi il trapianto degli organi alla luce dei risultati conseguiti è da considerare certamente una realtà terapeutica consolidata. La trapiantologia, è ormai uscita dalla fase pionieristica della sperimentazione ed è da considerare, una terapia che deve essere assicurata al paziente bisognoso così come si garantisce a tutti una terapia antibiotica o antipiretica o analgesica. In questo contesto e verso questa direzione si stanno muovendo i legislatori italiani con la legge del 16/04/99

Il Malato presenta a noi cittadini il suo diritto al trapianto; da parte nostra c'è il solo dovere di dare una risposta positiva a questo problema.

Il trapianto per alcuni ammalati, quali i pazienti con insufficienza epatica e cardiaca, è la vita; per essi l’alternativa al trapianto è la morte! Per il paziente con insufficienza renale il problema è forse un po’ diverso, perché attraverso la dialisi (terapia sostitutiva della funzione renale) si garantisce comunque la sopravvivenza della persona.

A guardar bene, tuttavia il "tipo di vita" garantito al paziente in dialisi è sicuramente molto inferiore alle ATTESE almeno in termini di qualità della vita.

Sottoporsi alla dialisi significa essere dipendente per tutta la vita da una macchina, che è il rene artificiale, al quale bisogna collegarsi per tre volte la settimana per una durata di quattro ore a seduta dialitica.

Il trapianto anche per queste persone è Vita, perché significa sottrarsi alla schiavitù di un apparecchio per tutto il resto della propria vita, significa riabilitarsi ad una migliore qualità di vita. Basterebbe riflettere solo sul fatto che per un bambino la dialisi significa l’arresto dello sviluppo corporeo; il bambino crescerà anagraficamente negli anni, ma resterà biologicamente sempre un bambino.

Tutti abbiamo il dovere di riflettere su questi aspetti e di dare una risposta positiva in quanto si può dare e fare di meglio.

 

 

IL Dr. Gianfranco Miloro

Responsabile del Servizio di immunoematologia e Medicina Trasfusionale Az. Ospedaliera "SS. Annunziata" di Taranto

dopo aver salutato i relatori e ringraziato gli organizzatori del Convegno per l’invito a lui rivolto, ha sottolineato come la presenza dell’ematologo in un convegno dove si parla di trapianti di organi è necessaria per sottolineare l’importante funzione di supporto svolta dai centri trasfusionali. Ormai, ha continuato il Dr Miloro, tutta la medicina e soprattutto la trapiantologia, abbraccia tantissime professionalità che collaborano fattivamente per la riuscita di un intervento.

Ad esempio, forse non tutti sanno che per fare un trapianto di fegato c’è bisogno di un supporto trasfusionale notevole, mentre il problema si pone in termini minori per il trapianto renale. Anche il trapianto di midollo è ormai diventato un cardine nella terapia di svariate patologie dell’apparato emopoietico.

 

Ebbene tutti questi tipi d’intervento e di terapie hanno una grossissima necessità di un supporto trasfusionale al quale può contribuire sicuramente il cittadino con la donazione di sangue.

Nell’ambito delle nostre responsabilità civili verso la collettività dovrebbe rientrare anche la donazione del sangue come dovere sociale, elemento normale del nostro essere membri di una comunità.

Il Dr. Miloro ha evidenziato il trend positivo che si sta registrando in Puglia in tema di donazioni; in ragione di ciò alcuni giorni fa tutti i centri trasfusionali della Puglia hanno ricevuto una circolare da parte del responsabile del Centro trasfusionale del Policlinico di Bari e responsabile del coordinamento regionale delle attività trasfusionale Dr. D. Dimonte, con la quale si chiede a tutti i centri trasfusionali pugliesi di operare in modo da incrementare il numero delle donazioni di sangue nell’ambito del territorio pugliese a fronte delle aumentate necessità connesse al crescente numero di trapianti di organi solidi nella nostra Regione.

Qualche tempo fa non è stato possibile effettuare un trapianto di fegato in Puglia proprio perché non c’erano sufficienti emocomponenti per il supporto al trapianto.

Il dr. Miloro ha da ultimo fatto un cenno ai trapianti di midollo anche questi ormai terapia da considerare routinaria in quegli ospedali dotati di un reparto di ematologia, come l’O.C. SS. Annunziata di Taranto. Grazie a tale realtà terapeutica molti pazienti con malattie, che una volta erano considerate una condanna a morte, oggi possono avere una prospettiva di vita, che fino a qualche decennio addietro era loro negata.

A ragion veduta, si può affermare, che oggi di leucemia si può guarire completamente in una buona percentuale di casi e questo grazie anche al trapianto di midollo. E’ in cantiere l’allestimento presso il ns. Ospedale Civile di una banca di donatori di midollo il che potrà dare la possibilità di praticare trapianti di midollo da anche da non consanguinei.

Anche il trapianto di midollo può richiedere un supporto trasfusionale. In breve, perché esso possa attecchire è necessaria una energica terapia tesa a eliminare il midollo esistente per favorirne la sostituzione con il nuovo midollo del donatore.

Se quest’ultimo non riesce a produrre un numero sufficiente di cellule atte a garantire il normale funzionamento, è necessario che altre cellule siano trasfuse.

La donazione del sangue risale ormai a tantissimo tempo fa; nel frattempo si sono fatti passi avanti in questo campo soprattutto di tipo tecnologico. Attualmente non si trasfonde più sangue intero come un tempo, ma si tende a dare al paziente solo l’elemento del sangue (globuli rossi, globuli bianchi, piastrine, plasma, fattori della coagulazione, etc…) di cui ha effettiva necessità, quella che tra gli addetti ai lavori viene definita "trasfusione mirata".

Infatti, il sangue, dopo essere stato prelevato dal donatore, viene separato nei suoi componenti e si ottiene così una sacca di globuli rossi concentrati che servirà per il paziente anemico, una sacca che contiene plasma dalla quale ottenere eventualmente i cosiddetti emoderivati (albumina, fattori della coagulazione, immunoglobuline ed altro), un’altra sacca ancora conterrà le piastrine per i pazienti piastrinopenici. E’ questa la cd. donazione di sangue in aferesi che oltre a garantire una migliore qualità del prodotto donato, dà la garanzia al donatore volontario di essersi sottoposto ad una pratica del tutto sicura, perché assolutamente sterile.

Il Dr. Miloro ha concluso la sua relazione auspicando per il futuro un più profondo impegno da parte di tutti, affinchè la pratica trapiantologica possa essere sempre più applicata.

 

 

 

 

 

il Prof. Vincenzo Memeo

Responsabile Divisione di chirurgia II Policlinico di Bari Trapianto di fegato

il Prof. Vincenzo Memeo

Responsabile Divisione di chirurgia II Policlinico di Bari Trapianto di fegato

Ha risposto a una domanda rivolta da un trapiantato presente nel pubblico. Il pz. Chiedeva in sostanza perché ci si deve sottoporre a ripetute visite di idoneità almeno tante quanti sono i Centri presso i quali il pz. Si iscrive per attesa trapianto. La prospettiva auspicata, era quella di un’unica visita (effettuata magari nel Centro Trapianti più vicino) per valutare l’eventuale trapiantabilità e valida per tutti i Centri nazionali ed esteri.

Il Prof. V. Memeo ha precisato come il trapianto di fegato, sia da un punto di vista chirurgico che da un punto di vista anestesiologico pone delle problematiche estremamente specifiche e particolari, quindi suscettibili di una diversa valutazione da parte del collegio dei Sanitari che si avvicendano nella valutazione globale del pz. Candidato al trapianto. Essendo quindi il giudizio di trapiantabilità legato a molteplici elementi ai quali ciascuno può dare un peso differente, sarebbe semplicistico demandare a una scheda sanitaria una valutazione così articolata e soggettiva.

Trattasi di espressioni cliniche che non possono essere schematizzate in una scheda, in un insieme di dati da affidare alla memoria di un computer. Pertanto, almeno per ora, sembrerebbe una richiesta abbastanza azzardata e rischiosa in ragione anche del tipo di organizzazione attualmente esistente.

Nel corso dell’intervento il Prof. Memeo ha poi sottolineato la tendenza alla "esterofilia" dei nostri Corregionali per quanto riguarda la scelta dei Centri di Trapianto. Sicuramente c’è scarsità di donazioni nella Regione Puglia, ma di fondo c’è anche sfiducia in un centro, come quello di Bari, che è all’inizio di una sua attività. E’ comprensibile tale atteggiamento mentale di chi deve ricevere un organo, ma non bisogna dimenticare alcuni elementi. Primo: iscriversi in un Centro molto distante può a volte significare aumento del tempo di ischemia fredda dell’organo da trapiantare a scapito della perfetta riuscita dell’intervento; in secondo luogo questo esodo verso altre regioni fa sì che non si rendano disponibili per il centro di Riferimento di Bari pz. Idonei al trapianto.

Senza togliere al paziente la libertà di poter andare dove preferisce, si dovrebbe tuttavia motivare i pazienti a preferire i Centri della propria regione di appartenenza. E’ risaputo come ad esempio, a parità di compatibilità, viene assegnato un punteggio più alto, quindi maggiori possibilità di trapiantare, al paziente residente nella regione ove si è reso disponibile l’organo. E’ ovvio che è anche un problema di organizzazione nazionale; in tal senso sarebbe auspicabile la creazione di una lista unica nazionale proprio per superare queste parcellizzazioni regionali. 

 

 

il Dr. Rarraele Tucci

 

 

il Dr. M. Lonoce / il Dr. F. Mastrangelo e il Dr. L. Lupo

 

il Dr. Michele Lonoce

Coordinatore locale A.O. SS. Annunziata /Ta

"La figura del Coordinatore Locale"

Il Dr. Lonoce ha concluso, con un intervento snello e pragmatico, la piccola tavola rotonda sulle donazioni e trapianti. Ha in particolare focalizzato l’attenzione sull’enorme macchina organizzativa, che si mette in funzione nel momento in cui una persona si viene a trovare nella condizione clinica di morte cerebrale.

In questo caso il rianimatore ha l’obbligo di segnalare alla Direzione Sanitaria Ospedaliera la presenza di questa stato che potrebbe preludere a una donazione di organi. In quel momento si apre un processo estremamente complicato nel quale entrano in scena quali attori di primo piano medici, infermieri, autisti delle autoambulanze, centralinisti, l’Amministrazione.

La Direzione sanitaria convoca in primo luogo un collegio medico formato da tre medici: un neurologo, un medico legale, un altro rianimatore diverso da quello che ha segnalato la morte del soggetto. Questo collegio medico dà inizio a un periodo di osservazione che va dalle 6 ore alle 24 ore a seconda delle fasce di età. Durante questo periodo di osservazione il collegio medico deve verificare che l’affermazione del rianimatore che ha accertato la morte corrisponda al vero; deve quindi verificare che tutti i segni e i parametri che definiscono l’accertamento della morte cerebrale vengano mantenuti invariati nel tempo di osservazione.

Se questo viene accertato, il collegio dei medici conferma l’ipotesi diagnostica di morte formulata dal primo rianimatore e viene solo in questo momento redatto il certificato della avvenuta morte. Durante il periodo di osservazione la persona è sottoposta a misure rianimatorie che permettono al cuore di battere ancora in modo artificiale, onde potergli permettere di irrorare gli organi non danneggiati per mantenerli vitali fino all’eventuale espianto.

Sono condizioni di vita artificialmente indotta; se alla fine del periodo di osservazione sarà stato espresso un dissenso al prelievo degli organi, verranno interrotte tutte le misure di rianimazione; se così non fosse si incorrerebbe nell’accanimento terapeutico (inutile oltretutto perché esercitato su una persona dichiarata ormai morta) e, cosa ancora più grave, nel reato di vilipendio di cadavere.

E’ chiaro che, perché si possa procedere all’espianto, debbono verificarsi almeno due condizioni:

  1. Morte cerebrale e idoneità medica al trapianto (vedi malattie trasmissibili al ricevente).
  2. Volontà da parte dei famigliari a far si che avvenga il prelievo di organi cioè il consenso.

Manca a tutt’oggi in Italia una legge che dia la possibilità in vita di registrare la volontà di donare i propri organi dopo la morte; di conseguenza viene chiesto ai familiari l’assenso o il dissenso a donare in un momento di particolare drammaticità, quale è la perdita di una persona cara, gli organi del proprio congiunto.

Le percentuali di rifiuti/ assensi stanno tendendo ad un livellamento tra Nord e Sud. Non c’è una insensibilità maggiore o minore a seconda dell’aria geografica di riferimento; la generosità del popolo Italiano è sempre uguale a Taranto, a Bari, a Milano, etc… . C’è invece una ingenerosità da parte di una macchina organizzativa che è stata molto avara nell’interessarsi ai problemi dei trapianti e, di conseguenza, nel pianificare i supporti logistici indispensabili per il buon funzionamento del complesso sistema.

All’interno dell’Ospedale da qualche anno opera una nuova figura professionale che è il Coordinatore locale per le attività di prelievo e trapianti di organi. Il dr, Lonoce ha ricordato a questo punto che il Piano Sanitario del 1994 dice che le rianimazioni ospedaliere hanno l’obbligo di individuare i coordinatori locali tra i rianimatori, tra i medici della Direzione Sanitaria, tra i nefrologi, insomma tra le varie figure professionali che orbitano intorno a questa complicata macchina. Essi dovrebbero seguire tutte quelle problematiche che possono insorgere nel corso di una donazione, prelievo e successivo trapianto. In questo, molto brevemente, è racchiusa tutta l’essenza del ruolo di questa figura.

Lo Stato, anche sulla scorta dell’esempio di altre Nazioni, per le forti valenze mediche, organizzative, religiose, etiche, sociali e di informazione ha quindi reputato assolutamente necessaria all’interno degli ospedali la individuazione di una o più figure professionali con specifiche competenze in questo settore così delicato.

In questo disegno si inscrive la figura del COORDINATORE LOCALE che con la sua équipe medica all’interno dell’Ospedale finalizza il suo operato in funzione di questi obiettivi. Egli dovrebbe: 1) Organizzare gli aspetti operativi ogni volta che accade l’evento donazione, prelievo, trapianto, 2) essere punto di riferimento per le Direzioni Sanitarie Ospedaliere, per le magistrature, là dove se ne dovesse ravvisare la necessità incorso; 3) svolgere la sua attività anche per sensibilizzare e per informare su questo argomento.

 

  In conclusione i presidenti

ATO;

Giovanni Santoro,

e

AIDO; Augusta Bisanti

hanno concluso i lavori ringraziando tutti i presenti, i medici, tutta la gente comune di buona volontà, che giornalmente affianca le due associazioni, nelle scuole e i tanti altri posti pubblici e privati per diffondere la cultura della donazione d’organi.

Loro hanno sottolineato, l’esigenza che il Coordinamento Regionale, i Responsabili dei Centri Pugliesi di Trapianto le Associazioni di Volontariato e Responsabili della Sanità Regionale debbono avere dei progetti comuni che è sicuramente una risposta precisa e rassicurante alle tante persone che sanno, che se non saranno al più presto trapiantate sarà per loro certamente morte sicura.

 

Si ringrazia tutti quelli che hanno contribuito alla riuscita del convegno in particolare del Comune di Massafra per la gentile ospitalità e contributo economico e di partecipazione.

 

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