Polmoni «sopravvivono» 30 ore prima di essere trapiantati. Primo caso al Policlinico di Milano
21/03/2019Una nuova tecnica ha triplicato la resistenza di questi delicati organi nell'attesa di essere trapiantati. Sperimentata nella struttura sanitaria dopo il prelievo da un donatore a cuore non battente
É una corsa contro il tempo. Se c'è un organo da trapiantare l'orologio corre veloce soprattutto quando si tratta dei polmoni, che sono tra gli organi più delicati e i primi a deteriorarsi quando il cuore del potenziale donatore smette di battere. Normalmente possono resistere 6-8 ore in attesa di essere trapiantati.
Ma ora per la prima volta al mondo gli esperti del Policlinico di Milano sono riusciti a portare questo tempo oltre le 30 ore. L'allungamento dei tempi è stato ottenuto combinando le classiche tecniche di raffreddamento a procedure per ricondizionare e preservare l'organo. Si tratta di una scoperta che apre a una nuova via per candidare sempre più organi al trapianto, accorciando di conseguenza anche le liste d'attesa per i pazienti.
Primo intervento al mondo
Il Policlinico di Milano è centro di riferimento nazionale per questa patologia e che ha una delle più alte casistiche per il trapianto di polmoni d'Italia (31 interventi nell'ultimo anno su un totale di circa 140 a livello nazionale). Nel febbraio scorso è stato effettuato un intervento chirurgico a un giovane paziente colpito da una insufficienza respiratoria terminale legata alla fibrosi cistica. Si trattava di un intervento usuale se non fosse per due particolarità strettamente connesse. Per prima cosa, il donatore, un uomo cinquantenne, era "a cuore non battente di tipo non-controllato o inatteso", una modalità che in Italia è ancora poco utilizzata. Inoltre, i polmoni non potevano essere trapiantati subito e questo ha costretto gli specialisti a una corsa contro il tempo per evitare che si deteriorassero. Il successo è stato possibile grazie alla combinazione di tecniche per la preservazione e il ricondizionamento dell'organo, che hanno permesso di triplicare la resistenza dei polmoni fuori dal corpo del donatore nell'attesa di essere trapiantati.La procedura standard per la donazione d'organo
In genere, i donatori d'organo sono quelli deceduti in ospedale nelle terapie intensive. La loro è una morte cerebrale: il cuore continua a battere, mantenendo vitali gli organi finché non vengono prelevati. Le cose sono più complicate nel caso di un donatore a cuore non battente. L'uomo ha avuto un arresto cardiaco improvviso in casa propria ed è stato soccorso con la rianimazione cardio-polmonare avanzata. Le manovre per salvargli la vita sono proseguite finché in ospedale non si è constatato il decesso. Anche in quel momento, però, non è ancora possibile prelevare gli organi, nonostante il consenso alla donazione: per legge è necessario attendere ulteriori 20 minuti durante i quali l'elettrocardiogramma deve confermarsi piatto. Un lasso di tempo, però, in cui gli organi possono deteriorarsi perché non ricevono più il sangue e l'ossigeno di cui hanno bisogno.Gli esami sul donatore
Un'altra criticità sta nel fatto che di solito non si conosce a priori la persona che diventerà donatore, e quindi non si può sapere se ha determinate patologie né qual è la sua storia clinica. "Eppure sono aspetti fondamentali - spiega Mario Nosotti, direttore della Chirurgia Toracica e Trapianti di Polmone al Policlinico di Milano - perché quando trapiantiamo un organo non possiamo assolutamente rischiare di trasferire al ricevente anche una eventuale patologia di cui soffriva il donatore". Per questo è necessario fare analisi approfondite, che richiedono diverse ore. Ma è una lotta contro il tempo, perché più ore passano e più gli organi si deteriorano, con il rischio che non si possano più trapiantare.La tecnica della "campana di vetro"
La soluzione degli esperti del Policlinico ha sfruttato una tecnica chiamata EVLP (Ex vivo lung perfusion): si tratta di una speciale macchina simile a una campana di vetro che fornisce ai polmoni l'ossigeno e i nutrimenti per sopravvivere. I polmoni sono stati prelevati dal donatore, raffreddati per circa 3 ore, per poi essere valutati e ricondizionati in EVLP per oltre 18 ore. In questo tempo è stato possibile portare a termine le indagini anatomo-patologiche, e il responso dei test è stato chiaro: polmoni sani e trapiantabili, e il paziente ha potuto riceverli dopo ulteriori 10 ore di raffreddamento. "Non ci risulta sia mai stato fatto qualcosa di simile nel mondo - commenta Nosotti - 30 ore sono un tempo record, che in altre situazioni metterebbe in pericolo la sopravvivenza dei polmoni. Anche per questo il numero di organi a disposizione per un trapianto è molto limitato, e i pazienti muoiono in lista d'attesa aspettando un organo che non arriva".Nuovi potenziali donatori con questa tecnica
Il ragazzo che ha ricevuto i polmoni è rimasto ricoverato tre settimane, il tempo standard per questo tipo di intervento. Ha ormai superato lo scoglio critico del primo mese dal trapianto ed è ora seguito dagli pneumologi del Policlinico. Dovrà solo fare dei controlli nel tempo e delle terapie, come tutti gli altri pazienti che hanno ricevuto un organo. "In Europa - conclude Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano - purtroppo si contano ogni anno centinaia di migliaia di arresti cardiaci, e solo il 40% delle rianimazioni cardiopolmonari riesce a salvare la persona, il che si traduce in circa 150 decessi al giorno. Queste persone, grazie alla nostra tecnica, sono tutte nuovi potenziali donatori di organi: anche fosse solo un donatore in più al giorno nel nostro Paese sarebbe un grande incremento, che permetterebbe di aumentare il numero di organi candidabili a un trapianto e di ridurre sensibilmente le liste d'attesa, salvando tante vite in più".(Irma D'Aria, Repubblica.it)