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REGIONE PUGLIA
 
 

Un respiro per diagnosticare il cancro.

Ottenuta grazie ad un incentivo della Regione Puglia una delle scoperte più importanti dell’ultimo decennio.

Diagnosticare il cancro con un respiro. Adesso si può, grazie ai finanziamenti regionali per la ricerca. Ha il marchio Regione Puglia e il genio scientifico dei ricercatori dell’Università di Bari, una delle scoperte più rilevanti dell’ultimo decennio. Solo 1,5 milioni, erogati dalla Regione Puglia alla Rete di Laboratori 'Voc and Odor' con un effetto moltiplicatore che per la diagnostica del cancro è un’autentica rivoluzione. Di una portata tale, che la notizia ha fatto già il giro del mondo: uscita giovedì scorso su una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, British Journal of Surgery (prima rivista di chirurgia in Europa e seconda nel mondo), è rimbalzata immediatamente sulle principali testate giornalistiche del mondo, dalla Cnn alla Cbc, dalla Bbc al Daily News, dal The Telegraph al Daily Mail, fino al Time, per poi arrivare in Italia e nel resto del mondo (Australia, Francia, Spagna, Portogallo)

Un giro globale per un’intuizione semplice e allo stesso tempo geniale: applicare al respiro lo stesso approccio utilizzato per monitore la qualità dell’aria, proprio quello usato dallo stesso gruppo di scienziati per individuare le emissioni dell’Ilva.
È stato così possibile, solo gonfiando un palloncino, diagnosticare il cancro al colon retto, una diagnosi che oggi si ottiene con la colonscopia - esame ben più difficile per il paziente - e con la ricerca del sangue occulto nelle feci. Non solo la nuova metodica è ben più semplice e sostenibile, ma persino più affidabile del secondo esame citato: su 100 malati ne individua 80, mentre su 100 pazienti positivi al test del sangue occulto che eseguono una colonscopia, solo 50-60 hanno una patologia intestinale e solo 7 di essi un tumore.
Una scoperta tanto più importante se si considera che sono 51.600 i nuovi casi di cancro al colon retto attesi in Italia nel 2012 (fonte Istat): Questa patologia rappresenta la seconda causa di morte per cancro tra i maschi e la terza tra le donne.

Prendendo la parola dopo il Presidente Vendola ( del suo intervento riferiamo a parte), la vicepresidente e assessore allo Sviluppo economico Loredana Capone, ha detto : “Aver investito tanto in ricerca e innovazione è una linea di politica industriale che ci sta mostrando gli effetti della sua lungimiranza. Il ritorno che ne stiamo ricevendo vale mille volte la spesa. Oggi il mondo guarda con grande attenzione alla ricerca made in Puglia. È merito delle nostre politiche, ma soprattutto dei nostri cervelli. Ai ricercatori e alle ricercatrici che, restando in Puglia, hanno ottenuto questo successo, va tutta la nostra gratitudine. Sono loro l’esempio della Puglia migliore”.
“Un esame così semplice eppure così preciso – ha detto l’assessore alla Sanità Ettore Attolini – favorisce non solo l’esattezza della diagnosi, ma invoglia i pazienti a sottoporsi al test anche per la semplice prevenzione, per la quale la colonscopia spesso è un deterrente. È nostra intenzione fare in modo che questa tipologia di esame diventi una prassi a cominciare dalla Puglia. L’obiettivo è salvare vite umane promuovendo la prevenzione. Con questa nuova metodica è tutto più semplice”.


Storia di una scoperta
Come per ogni ricerca a lieto fine, la storia è avvincente. A tesserne la trama menti di donne giovani e capaci.
I protagonisti sono infatti il team di giovani ricercatrici della Rete di Laboratori 'Voc and Odor', del Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Bari coordinato dal dottor Gianluigi de Gennaro, il team di giovani ricercatrici che collaborano col professor Donato F. Altomare del Dipartimento di Emergenza e Trapianti d’Organo della stessa università, primo firmatario della ricerca pubblicata sul British Journal of Surgery, e la Regione Puglia che, ritenendo la ricerca un pilastro delle proprie politiche, pensa, tra i tanti interventi, anche ad un incentivo per creare le Reti di Laboratori pubblici di Ricerca. Mette a disposizione 42 milioni di euro e crea 23 Reti più sette in cantiere.
Gianluigi de Gennaro, grazie ai fondi regionali realizza “Voc and Odor”, laboratorio itinerante tecnologicamente avanzato e avvia i primi test sui tumori.
“Avevamo già applicato la tecnica con i colleghi della Sezione di Medicina del Lavoro – racconta de Gennaro – per la diagnosi del mesotelioma e dell’asbestosi, due patologie, una tumorale e l’altra cronica, che derivano dall’esposizione alle fibre di amianto. Ad un certo punto abbiamo pensato di estendere la tecnica ad una patologia ben più diffusa come il cancro al colon retto. Abbiamo proposto la sperimentazione al professor Altomare che ha accettato con entusiasmo. Il test è stato sperimentato su una settantina di pazienti. Abbiamo lavorato a questa ricerca per due anni, guidati dal principio che il cancro del colon retto lascia tracce nel sangue e queste tracce passano nell’aria che espiriamo attraverso gli alveoli. Il respiro contiene molte informazioni su quello che accade all’interno dell’organismo proprio per lo scambio tra sangue e aria. Se il sangue reca i segni di una patologia, questi si trasferiscono nel respiro. Abbiamo rimarcato questo concetto ovviamente già noto e applicato per diverse diagnosi. L’idea nuova è stata quella di utilizzare lo stesso principio per diagnosticare questa tipologia di cancro”.
Il gruppo di lavoro guidato da de Gennaro ha un’intuizione semplice e allo stesso tempo geniale: applicare al respiro lo stesso approccio statistico utilizzato per il monitoraggio dell’aria, campo nel quale il team del Dipartimento di Chimica è particolarmente esperto.
“Mentre tutti gli altri ricercatori – spiega de Gennaro - lavorano sui marker tumorali cioè su singole molecole, noi ne abbiamo utilizzato diverse, per la semplice ragione che per questa malattia non è al momento possibile individuare un unico marker, quindi solo un approccio differente poteva risolvere il problema della diagnosi. Ma quale approccio? Lo stesso che abbiamo utilizzato per identificare le emissioni dell’Ilva, o quelle del traffico. La scoperta deriva in pratica dalle conoscenze sull’ambiente e sulla qualità dell’aria che abbiamo maturato in questi anni. Abbiamo individuato un gruppo di molecole che presentano profili specifici per i sani e per i malati”.
Il risultato ha riscosso l’interesse della comunità scientifica mondiale e l’entusiasmo dei media internazionali, tanto che Cnn e Bbc, oltre a dare la notizia, hanno interpellato i massimi esperti in materia per commentare la ricerca.
E non basta. Lo stesso de Gennaro annuncia il perfezionamento della tecnica, grazie alle risorse regionali.
“Questa ricerca – dice – non sarebbe stata possibile senza l’incentivo della Regione Puglia. Grazie agli stessi fondi abbiamo potuto far realizzare uno strumento ad hoc che ci permetterà di perfezionare la tecnica, catturando, del respiro, solo la parte che ci interessa, cioè quella alveolare, che è l’aria più interna. Nell’immediato futuro non sarà più necessario neanche sforzarsi per gonfiare un palloncino, ma respirare normalmente in un boccaglio, al resto penserà il nuovo strumento”.
“Un breath test (test del respiro) – ha spiegato il professor Donato Francesco Altomare – capace non più di dimostrare solo intolleranze alimentari o gradi di alcolemia elevati, ma bensì la presenza di un tumore intestinale, è una scoperta di grande portata scientifica in quanto il concetto di base è estensibile ad altri tipi di tumore o altre malattie croniche. Tra gli indubbi vantaggi rispetto alle metodiche di screening tradizionale c’è la compliance dei pazienti, di gran lunga migliore rispetto all’esame del sangue occulto nelle feci, ma, soprattutto, mentre il costo della procedura e la rapidità della risposta è paragonabile a quella della ricerca del sangue occulto nelle feci, la maggiore affidabilità della metodica VOCs, se confermata, porterebbe la performance dei test di screening dall’attuale 50% all’80%.
Molto ancora rimane da fare prima di poter applicare il test nello screening di massa ma il primo passo, quello decisivo, è stato compiuto”.
“La ricerca di un mezzo di screening affidabile per questo tipo di cancro – ha continuato il docente - è un obiettivo di enorme importanza nel campo sanitario poiché una diagnosi precoce può rendere veramente curativa la sua asportazione chirurgica. Lo stesso vale per la diagnosi di polipi del colon-retto, di solito precursori del cancro, la cui asportazione endoscopica rappresenta la vera possibilità di prevenzione di questa malattia.
L’unità di Coloproctologia di cui sono responsabile nell’ambito dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia Generale e Trapianto di Fegato “M Rubino” diretta dal prof Vincenzo Memeo, nell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Bari è da diversi anni impegnata in questo campo di ricerca”.
“Precedenti ricerche – ha specificato il docente – ci avevano già portato all’individuazione di componenti del siero dei pazienti con cancro del colon-retto in grado di indurre modificazioni in cellule staminali residenti nel midollo osseo, ma questa scoperta seppur brevettata con brevetto internazionale (insieme ai prof Alfredo Dileo, Michele Barone e Mariateresa Rotelli dell’Università di Bari) non ha sinora portato alla definizione di un kit commerciale per la complessità biologica delle procedure sperimentali. L’incontro con il dottor de Gennaro e gli approfondimenti sulle applicazioni della “metabolomica” (si chiama così quella branca della biologia dei sistemi che studia i prodotti finali del metabolismo delle cellule) nella biologia delle malattie umane, ci hanno spinto ad esplorare la possibilità di fare diagnosi di cancro del colon retto attraverso l’analisi del respiro. Il progetto di ricerca, dopo l’approvazione del Comitato Etico indipendente del Policlinico di Bari è stato condotto a termine grazie all’incoraggiamento e supporto del prof Memeo e all’entusiasmo e alla collaborazione di giovani specializzandi. I risultati preliminari sono stati prima portati all’attenzione dei ricercatori del settore in campo nazionale (Congresso Nazionale di Chirurgia a Firenze 2011) e internazionale (European society of ColoProctology a Copenhagen 2011) e quindi inviati al British Journal of Surgery, prima rivista di chirurgia in Europa e seconda nel mondo.
 

Il team di ricerca

Maria Di Lena (28 anni) (Dipartimento di Emergenza e Trapianti d’Organo), medico in formazione specialistica al III anno della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale diretta dal prof V Memeo.
Francesca Porcelli (30 anni) (Dipartimento di Chimica), dottoranda di ricerca al I anno della Scuola in Scienze Chimiche, supervisore dott G. de Gennaro.
Francesca Porcelli per questo lavoro è stata selezionata tra le dieci finaliste (la più giovane) di ITWIIN ITWIIN, l’Associazione Italiana delle Donne Inventrici e Innovatrici (braccio nazionale dell’europea EUWIIN).
Elisabetta Travaglio (25 anni) (Dipartimento di Emergenza e Trapianti d’Organo), medico in formazione specialistica al I anno della Scuola di Specializzazione in Chirurgia Generale diretta dal prof V Memeo.
Livia Trizio (34 anni) (Dipartimento di Chimica), Contrattista di ricerca, contratto finanziato dall'avviso n. 16/2009 FSE - Capitale Umano - della Regione Puglia.
Maria Tutino (37 anni) (Dipartimento di Chimica), contrattista di ricerca, contratto finanziato dall'avviso n. 16/2009 FSE - Capitale Umano - della Regione Puglia

Gli autori della pubblicazione sul British Journal of Surgery sono Donato Francesco Altomare, Maria Di Lena, Francesca Porcelli, Livia Trizio, Elisabetta Travaglio, Maria Tutino, Silvano Dragonieri, Vincenzo Memeo e Gianluigi de Gennaro.

 Data: Lun, 10 Dicembre 2012

 


 

 

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